Teknemedia - 11.10.2006 Lo scorso 25 settembre in occasione dell'edizione 2006 di
BananaRAM Festival è stata acquistata, da parte dell'organizzazione
del festival, l'opera di net.art Scalpel di Nicolas Clauss, per la ragguardevole
cifra di 15.000 euro. LB: Come è nata l'idea di acquistare un'opera di
net-art? LB: Perché avete scelto di acquistare l'opera di
Nicolas Clauss e soprattutto cosa vuol dire comprare un'opera di net-art?
Comprare un'opera di new media art significa acquistare un'opera d'arte ma significa anche investire in qualcosa che nel futuro prossimo avrà un gran valore, in tutti i sensi. LB: Michele White, nel suo ultimo libro "Internet spectatorship",
analizzando la net-art ne mette in evidenza "l'estetica dell'errore",
che superato lo stupore iniziale dello spettatore ha costituito una zavorra
per l'evoluzione del linguaggio. Nicolas Clauss nelle sue opere tende
invece a raccontare una storia, come risponderesti alle affermazioni della
teorica americana? Ho visto che nel capitolo della White, che ripeto di non aver letto, lei usa esempi come Jodi e Peter Luining, artisti che di certo hanno messo l'accento in quell'estetica dell'errore e percorrono quell'onda fino alla fine. E secondo la mia visione fanno bene, perché è proprio quell'estetica che ha fatto appassionare gente come me ed è un tipo di linguaggio che ancora funziona e che, senza dubbio, ha fatto storia. Comunque l'errore ha caratterizzato la net.art soprattutto agli inizi, oggi, nel 2006 non possiamo più identificare la net.art solo con quell'estetica perché è molto di più e molto altro. Sì, Nicolas Clauss utilizza lo stesso medium in maniera totalmente differente rispetto a Jodi, Nicolas umanizza la rete e il mezzo digitale, rendendolo umano, vivo. Nicolas cerca di raccontare la sua arte come una storia
e il digitale è per lui la lingua e la voce, così come una
volta si narravano storie oralmente, oggi lo si fa tramite Internet e
il pubblico da uno sparuto gruppo diviene tutta l'umanità. Mi sembra
che le cose siano migliorate, soprattutto per chi ha qualcosa da raccontare.
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